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Corte d'Appello di Bologna > subordinazione
Data: 06/09/2003
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 193/03
Parti: Gallo / Fadros srl
SUBORDINAZIONE - CRITERI DISTINTIVI


Un lavoratore che assumeva di aver prestato attività di lavoro subordinato alle dipendenze di una società commerciale in qualità di commesso di un punto vendita, chiedeva ed otteneva dal Tribunale del Lavoro di Bologna l'accertamento della subordinazione, dimostrando con prove testimoniali di aver seguito le direttive del titolare della Ditta, di essere stato vincolato ad un orario di lavoro e di aver percepito un compenso fisso mensile in forza di un contratto di collaborazione. I giudici dell'appello si sono dimostrati invece di contrario avviso, riformando la sentenza ed enunciando una serie di princîpi sui temi comunemente dibattuti in tale genere di controversie, che si ritiene opportuno riportare. NOMEN JURIS. Il collegio si uniforma a quell'orientamento secondo cui il codice civile mostra di affidare la tutela degli interessi del lavoratore più che allo strumento contrattuale, a fonti "eteronome" al di sopra della volontà delle parti, quali la legge e la contrattazione collettiva, sottraendo quindi alle parti il potere di regolare a loro criterio il contenuto del rapporto stesso (Cfr. Cass. n. 7885/97 e n. 4533/00). Vengono peraltro distinte due ipotesi. La prima è quella che i contraenti vogliano attuare un rapporto di subordinazione, ma che per aggirare i connessi obblighi ed oneri, dichiarino di espressamente volere un rapporto di lavoro autonomo oppure si esprimano in modo non chiaro. Nel primo caso prevale il contratto dissimulato su quello simulato ai sensi dell'art. 1414, secondo comma cod. civ.; mentre nel secondo le difficoltà interpretative vengono superate considerando il comportamento delle parti (art. 1362 cod. civ.). La seconda ipotesi è quella in cui i contraenti abbiano effettivamente voluto un rapporto autonomo, ma mediante lo svolgimento del rapporto manifestino, con fatti concludenti, mutamenti della volontà inizialmente espressa: in questo caso i comportamenti assumono rilevanza giuridica nella fase in cui le prestazioni vengono scambiate, e dal loro contenuto si risale al tipo negoziale in cui la vicenza va inquadrata. Rispetto al caso specifico, la Corte ha però ritenuto che la volontà congiuntamente manifestata dalle parti fosse di mettere in atto una collaborazione di natura autonoma, e che durante il rapporto non si fosse in concreto realizzata la subordinazione. Anzi, essa ha dichiarato che l'avere la società sottoposto al lavoratore uno schema di contratto di lavoro autonomo in una fase intermedia del rapporto confermava la sua mancata volontà di radicare un rapporto di lavoro subordinato (laddove, invero, la circostanza provava forse solo la volontà di non dare al rapporto tale forma). Nessun rilievo è stato invece attribuito al rifiuto del lavoratore di sottoscrivere quello schema di contratto, che provava, quantomeno, una non omogenea volontà delle parti. PROVA. Grava sul lavoratore l'onere di dimostrare la subordinazione, ed esso non deve ritenersi assolto se la prova lascia "ampi margini di dubbio, stante la non univocità ed incompletezza delle dichiarazioni rilasciate dai testimoni". SOGGEZIONE AL POTERE DISCIPLINARE E DIRETTIVO. Secondo la Corte il vincolo della subordinazione si configura come soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro e si estrinseca nell'emanazione di ordini specifici e nell'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e controllo nell'esecuzione delle prestazioni lavorative (Cass. n. 2790/01; n. 6089/91) e va, concretamente, apprezzato con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione (Cass. n. 5989/01; n. 2970/01; n. 224/01). ALTRI CARATTERI DELL'ATTIVITA' LAVORATIVA. La continuità della prestazione, la rispondenza dei suoi contenuti a fini propri dell'impresa, la presenza di direttive tecniche e di poteri di controllo, le modalità di erogazione della retribuzione, l'assenza del rischio e l'osservanza di un orario non assumono, secondo i giudici bolognesi, rilevo determinante, essendo compatibili sia con il rapporto di lavoro subordinato, sia con quelli di lavoro autonomo parasubordinato (v. Cass. n. 224/01; n. 15001/00). In conclusione per la Corte d'Appello di Bologna (ma in ciò non è molto difforme l'orientamento prevalente della Cassazione) è estremamente arduo dimostrare il vincolo di subordinazione quando non venga esercitato il potere disciplinare (che però può non essere esercitato anche in un rapporto di tipo subordinato, nei confronti ,ad esempio, di un dipendente diligente) ovvero quello gerarchico, vale a dire il vincolo di subordinazione stesso. Resta il dubbio sui motivi che avrebbero indotto l'odierno legislatore (legge delega n.30/03 ed il decreto legislativo attuativo n. 276/03) a circoscrivere fortemente l'area della parasubordinazione, nella dichiarata convinzione che la grandissima parte dei contratti parasubordinati nascondesse dei contratti di lavoro subordinato simulati